La mia città addormentata. 6 Agosto 2005 – Posted in: splinder – Tags:

 

In silenzio seduto su una panchina.
La città addormentata sotto i piedi e tutt’intorno, le tenerezze nascoste di una macchina fotografica nel palmo, il sapore amarognolo di una sigaretta in bocca.
Guarda avanti e sembra di guardare indietro, con tutto quel cemento armato.
Sogna un mondo pieno di alberi, di foglie da fotografare anche di notte, quando tutti dormono in letti comodi fra profumi densi dei loro dolori e dei loro piaceri giornalieri.
Un mondo un po’ più pulito ed un po’ più sporco. Un mondo un po’ più semplice da catturare.
Guardando i pochi passanti semi sbronzi, filma con la mente quei pochi attimi.
Sai, tornare a casa dopo giorni di mancanza. Sai, la nostalgia di una vita notturna addormentata su un sedile del cinema. Sai, il mancamento del cuore rivedendo ogni singolo palazzo spento delle proprie luci; aspettare il mattino abbandonato sulle tegole dure di una casa non propria, insieme agli amici di sempre che parlano di quelle cose che ti importano solo in parte.
Gli unici amici.
Se pensi un momento a quante cose avresti potuto fare con loro, ora, invece di stare seduto su una panchina in quel parco semideserto, ti viene la nausea convulsa. Loro aspettano, ma la macchina, la bella macchina fotografica non attende oltre.
Non puoi ancora spegnerla, alla luce soffusa dei lampioni che ancora luccicano spegnendosi pian piano.
Buongiorno.
Buonanotte.
Come il piccolo Principe sul suo pianeta, rivolti il mondo prendendotene cura, con le tue carezza fotografiche, con le tue immagini sfocate di qualcosa che ti sarebbe sempre piaciuto tenere solo per te.
Ma il fiore?
Una donna ti si ferma davanti, guardandoti sorpresa di vedere un ragazzo ancora in giro per la città.
La città che non si ferma mai e che ora dorme fra le braccia dei propri amanti.
Improvvisamente rabbrividisce, guardandoti negli occhi.
Pensa che tu sia un drogato, sai?
Guardala, cammina via velocemente su tacchi a spillo da 500euro, probabilmente verso una casa dove suo marito non sa nemmeno cosa abbia fatto fino a così tardi, gli dirà che la cena di lavoro è stata più lunga del previsto e che-lui-sa-come-vanno-queste-cose. E poi il loro letto vedrà la sua stanchezza sopraffare ogni desiderio di farsi perdonare.
E tu ancora lì a vederla camminare dondolante sui suoi tacchi alti, sottili come fili e resistenti come pietre.
Scuoti il capo, tornando ad osservare i palazzi ormai spenti, quasi fossero alveari dormienti.
No, la città dormiente rimane sempre la più bella.
Non quella donna.
La mia città che dorme, la vedi?
Le strade vuote, il silenzio del vento che sposta le foglie degli alberi, sotto la luce sospesa di qualche automobilista ancora incantato dall’alcol.
I bar e le loro insegne più luminose delle stelle che scompaiono giocando a nascondino fra di loro.
Mi vedi? Ora non ci sono più.
La vita sdoppiata di te che torni e te che parti.
Di te che prendi la tua macchina e scatti, di te che cancelli e strappi.
Bella la mia città dormiente, vero?
Più di quella modella di plastica scadente.
Illuminata dalle sue luci colorate sembra un grande diamante rozzo, decolorata come vecchi film in bianco e nero.
Spegni la macchina, ora.
Buonanotte.

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