Ci vuole ordine nella vita… 29 Novembre 2009 – Posted in: splinder – Tags: ,








“Ieri il vecchio Jack ha rotto un vetro.
Ha una mano fasciata ora, e un pò di bava dalla bocca.
Tipico, ci siamo abituati qui queste cose.
L’infermiera ogni tanto viene e gliela pulisce con un fazzoletto di lino, metodica pazienza.
Nulla da ridire.
Noi non siamo di nessuno, lo sanno tutti.
Ci tengono soltanto qui, buoni, a passare il tempo.
Non so perché quella finestra è ora lì, incrinata, con mezzo vetro mancante.
Però una cosa la so, Jack mi ha insegnato molto.
E farò come lui, ogni giorno, finché non uscirò da questo posto di merda.”

Di quel posto rimaneva ben poco, ormai.
Erano rimaste solo le macerie e una stanza immensa, ricoperta di muschio e polvere.
Ma io non dimenticherò mai ogni angolo di quel pavimento bianco, lucido come fosse nuovo.
Era uno schifo, tutto uno schifo.
Schifosamente pulito
, candido, come se si potesse colmare la merda che ci iniettavano con la pulizia.
Non bastano detersivi per pulire l’anima.
A quelli pensa qualcun altro, solo lui può e nessun altro.
Ho ricostruito dalle macerie ogni singola stanza, porta o cella.
C’era tutto, lo vedevo davanti ai miei occhi.
Le macerie sono sparite, pezzo dopo pezzo, per lasciar posto a quella gabbia di matti.

Il Nostro Manicomio.

Potevo sentirne addirittura l’odore di alcool.
Solo ogni tanto, vicino l’infermeria, sentivi profumo da donna.
Era la Hatcher, una vecchia scorbutica che andava in cerca chissà di cosa per lì in mezzo.
Jack una sera la vide spogliarsi davanti al guardiano, ma si sa che lui era un matto.
Stava lì a contare vicino la finestra per tutto il giorno.

1..2..3..4..5..6..7..8

E ricominciava.

1..2..3..4..5..6..7..8

Nessuno gli ha mai dato retta, l’ho fregavano tutti in quel posto.
Persino il buon Jacobs un giorno lo fregò rubandogli il posto davanti al davanzale.
Lui, Jack, senza batter ciglio andò a prendersi un’altra sedia e si sedette di fronte al ladro.
Ed iniziò a contare.

E così passavano i giorni.
Una lamentela continua, da 1 ad 8 senza sosta, roba che a sentirla ti giravano di brutto.
Nessuno, per questo, gli voleva star vicino.
Quel bisbiglio ti rimaneva dentro e non te ne liberavi più.

Avevamo già le nostre voci a cui pensare, perché prendersi anche quelle del vecchio?
Così ci mantenemmo a debita distanza, tutti, per un bel po’ di tempo.
Un giorno, però, quel tipo nuovo gli si avvicinò.
Si chiamava Jonas, ed io, ora, ho il suo diario del tempo.
Pagina dopo pagina ripercorro i suoi ricordi, viaggio in questo paese rivoluzionato e pieno di cocci dal passato per capire cosa ne ha fatto della sua vita, lui, che un giorno scrisse dei suoi sogni e delle sue voci.
Voglio capire e lo farò, fosse l’ultima cosa che faccio.
Mi chiamo John Bacon McCartey.
Ero pazzo, ora ricco sfondato, ho una gamba che funziona male e le mani che tremano.
Il cervello per ora non dà segni di resa, fortunatamente io di scariche lì ne ho avute poche.

Si chiamava Jonas, ed io lo troverò.

“Vecchio di un Jack, ma che ti sei fatto?

1..2..3..4..5..6..7..8

Sai solo contare, eh?

Ma questo mi basta, infondo è per questo che sono qui.
Devi sapere una cosa, che forse nessuno mai te l’ha detta: io nei tuoi numeri ho trovato qualcosa.
 
1..2..3..4..5..6..7..8

Lo ammetto, all’inizio questo contare all’infinito sfiniva ma poi ho capito.
Jack, io ti ho capito.
Non basteranno mille elettroshock a togliertelo dalla testa questo segreto, da oggi neanche a me lo toglieranno.
Promesso.

1..2..3..4..5..6..7..8
Nella vita, vecchio, ci vuole ordine.
E tu me lo hai insegnato.
E’ questo forse il metodo da usare: L’ordine.
Insomma, tu conti e lo fai all’infinito. Inizi dall’uno e finisce con l’otto.
Con metodi prendi i tuoi numeri e le tue pause, i tuoi respiri e il tuo sguardo e conti.
Non c’è pensiero che ti distrae, tu come un treno vai dritto per la tua strada.
Tu hai metodo.
E’ bellissima questa cosa, sei come un treno.
1..2..3..4..5..6..7..8
Neanche ora, che io ti parlo, riesci a fermarti.
E questo non fa altro che convincermi che solo così poso vincere anche io, un giorno.
Ho deciso, oggi ho deciso.

1..2..3..4..5..6..7..8

Ogni giorno, a partire da oggi, mi avvicinerò un passo in più alla libertà.
Ci vorranno anni, forse non vedrò mai il mio otto, ma una cosa è certa: non smetterò mai di contare.
E, chissà, forse un giorno arriverò all’infinito o, semplicemente, al nove.
Ed a quel punto mi fermerò e ti farò sapere cosa succede.
1..2..3..4..5..6..7..8
Tu resta qui e conta i numeri della tua vita, al resto ci penso io.”
« Potresti ma non lo fai.
Ognuno ha gli occhi che ha… »