Romanticismo in saldo. 30 Gennaio 2010 – Posted in: splinder – Tags: jonas
Ho sognato un ragazzo mentre scriveva
e ad ogni lettera una battaglia combatteva
senza batter ciglio continuava
e lo sguarda spesso abbassava.
Cercava silenzio o forse ispirazione
o più semplicemente una direzione
verso cui correre, in cui sperare
da guardare per un attimo e poi afferrare.
Ho sognato un vita bella e splendente,
in cui lo scrittore non fosse perdente
non c’erano pene nel suo cuore,
aveva con sé un bellissimo amore.
E sulla pelle aveva un segno
il risultato di un vecchio pegno
nessuno capiva bene cosa fosse
sembrava far male come se logorasse
Era di un nero intenso
aveva un fascino immenso
sembrava urlare un dolore ormai andato,
sembrava parlasse del suo passato.
Le persone portano addosso un dolore.
Unico.
Lui aveva il suo, e lo portava addosso con infinita eleganza.
Sembrava un ragazzo come tanti, usciva ogni mattina alla stessa ora di casa per andare in ufficio.
Era simpatico, ordinato ed educato.
In ufficio conosceva un pò di persone, usciva spesso con i suoi colleghi.
Ogni tanto beveva, fumava poco e beveva pochi caffè ma troppi thè.
Un ragazzo normale.
Tra le spalle aveva una cicatrice.
Non preferiva mostrarla.
Lui non raccontava mai la sua storia, chi era e da dove veniva.
Si poteva pensare che fosse riservato o che, semplicemente, avesse qualcosa da nascondere.
Gli altri gli raccontavano aneddoti del passato.
Lui, no.
Ognuno viaggia con la sua storia sulle spalle, ogni tanto tiriamo fuori un cimelio e lo mostriamo a chi è di turno.
Camminiamo fieri con le nostre cicatrici, cerchiamo di urlare stando in silenzio.
Chiediamo aiuto sorridendo.
Urliamo di esser deboli, ferendo.
Ci lamentiamo di frequente senza pensare ad ascoltare gli altri.
Cerchiamo motivi per cui arrabbiarci e dimenticare che siamo fragili.
Siamo strani.
Abbiamo vizi da nutrire e paura da mascherare.
Cerchiamo la perfezione scartando il mondo.
Crediamo di essere belli senza guardare lo specchio.
Speriamo che il portone sia sempre aperto.
Aspettava che il tempo passasse,
viveva la sua vita da fuggiasco cercando di compiere uno slalom tra le vite e le menzogne.
Aveva un’intera vita da raccontare, ma aspettava.
Magari, chissà, un giorno qualcuno glielo chiederà.
Davanti ad un caffè, magari.
“Zucchero?”
”Si, una bustina grazie”
”Ecco a te.. allora, che ne dici di raccontarmi il dolore della tua vita?”
No, forse no.
Però un giorno qualcuno leggerà nei suoi occhi parole non ancora scritte… e finalmente quel peso cadrà a terra.