Il filo della pazzia ancora vivo. 11 Luglio 2013 – Posted in: Ricordi
Dammi millemila parole e lasciami senza fiato perchè dalla finestra vedo la città che non è mare nè sabbia nè natura ma solo palazzi e cemento e caldo e sudore e urla di bambini indispettiti da mura troppo sottili, da nonne apprensive e madri che non sanno tenere a bada sé stesse.
“Aiuto, aiuto. Portami via prima di implodere” – urla la dolce donna che mi sta accanto e cammina, mentre la seguo tenendole l’ombra in braccio per farla stancare meno – “Devi, lo sai che lo so, dunque andiamo” – e insieme andammo in realtà per il mare caldo dell’asfalto, la strana pece che ci abbracciava tra mostri ululanti gas contaminante e tram imbizzarriti.
E’ la città che chiama ogni giorno e ci invita ad amare ogni singolo sporco uomo, è la città che ci accoglie sotto le lacrime nere del cielo infettato da aerei e gabbiani lontani dal mare, troppo lontani: andremo a finire in un posto deserto dove soli faremo le valigie senza poter partire.
L’isola deserta è troppo lontana per me e per chiunque sia ancora trascinato a riva dalla realtà che ti prende a largo, tra i sogni migliori, e ti risveglia col suo ritmo incessante e le urla di chi sa che tempo è, che giorno è, che impegni hai. “Sveglia”- mi urla contro -“Sveglia”.
E mi sono svegliato, col filo della pazzia ancora nella testa che pian piano andava lasciando spazio agli starnuti e agli sbadigli, alla lacrima della buonanotte che viene, scende sulla guancia creando un piccolo e brillante rigolo, per poi andar via asciugandosi sul cuscino ed evaporando, nella notte, nell’aria già umida e sporca in cui le zanzare dolcemente si cullano facendo ora un pasto ora una bevuta del mio sangue dolce, e caldo, pronto per loro.