Dopo aver pubblicato nel 2014 il mio primo libro dal titolo “Lettere d’amore per comodini stanchi”, ho capito sin da subito due semplici cose. La prima è che avrei voluto scrivere qualcosa con un titolo breve, una parola singola che desse l’idea di un mondo enorme tutto da scoprire e che, nel parlarne, non mi costringesse a prendere un enorme respiro per dirla tutta d’un fiato. Provate a dirlo voi, tutto d’un fiato, per almeno due anni, un titolo così lungo: letteredamorepercomodinistanchi. Ho già il fiatone. In confronto “Amarsi” sembra un proiettile sparato tra una parola e l’altra, un primo piatto semplice che prende senso solo con il contorno del sottotitolo e della copertina bianca. E questo mi piace, questo è quello che volevo. La seconda cosa che ho capito è che avrei voluto un oggetto esteticamente gradevole, un libro che iniziasse a raccontare qualcosa prima di aprirlo, prima di leggerlo e sfogliarlo pagina dopo pagina. Volevo un oggetto da guardare ogni tanto sul comodino, nella libreria, su uno scaffale: mi piaceva l’idea di mutare la funzione di un libro, di declinarla in mille possibilità. E allora un libro può essere un quadro o una scultura, può essere appeso alla parete con una bella cornice per poi guardarlo, semplicemente guardarlo, come si guarda un corpo dopo essersi avuti per una notte intera. E’ proprio in questo viaggio verso la bellezza che mi è venuto in aiuto Fernando Cobelo, l’illustratore che ha disegnato la copertina del libro che sto introducendo. “The giving”, questo il titolo dell’opera, è stata per me illuminante sin da subito: sembra l’esatta trasposizione di quello che è il senso di questo libro.